Per introdurre chiaramente il concetto da adattare poi al mondo di presse piegatrici e presso piegatura ti parlerò prima brevemente di un signore che conosco, patito di bricolage, ma di quello spinto proprio…
Non dirò il suo nome (o mi ammazza a martellate e a colpi di cazzuola).
È veramente un grande e con le sue idee e le sue mani è capace di fare cose straordinarie, invenzioni pazzesche!
L’ultima volta che l’ho visto all’opera stava facendo dei lavori di muratura dentro casa.
Ho potuto osservato abbastanza a lungo e mi sono accorto che la maggior parte del suo tempo la spendeva nel cercare dove diavolo metteva utensili e strumenti vari.
Ma una roba fuori di testa!
Doveva prendere le misure di qualcosa?
La tiritera per farlo era la seguente: devo fare una misura, quindi cerco il metro, quindi sparpaglio i fogli, cerco sotto gli attrezzi, “Eppure c’era” – mi dico, grattata di capo di impaziente perplessità, metto meglio a fuoco quello che ho davanti con poca lucidità perché iniziano a girarmi… ah eccolo!
Bene, misura presa.
Ora la segno: matita matita matita… ah sì questa qua volevo… foglio di carta foglio di carta foglio di… bon! Aspetta… ma che misura era? Metro metro metro…
Sembra impossibile, ma per un attrezzo su due ripartiva la giostra.
Ora, venendo a noi: avevamo toccato in un articolo tra i primi, “LA TUA PRESSA PIEGATRICE? IL TUO CENTRO BENESSERE! – Lavorare in modo corretto senza spaccarsi la schiena”, un argomento gemello a quello che segue.
Dunque, ora ti chiedo:
Quando pieghi o vedi piegare, hai mai fatto caso a quanti diavolo di metri vengono percorsi inutilmente?
E di quanto tempo viene buttato per questo?
Prima di partire con la produzione in presso piegatura è tassativo fare un veloce studio ergonomico. Per farlo non serve mica un signor dottore, né chissà quale genio di ingegnere, lo si può eseguire molto semplicemente osservando questi pochi punti:
1.
No canne dell’aria, no cavi vaganti: oltre a perdere tempo con gli scavalcamenti continui, il rischio di battere la bocca a terra è a livelli stellari.
2.
Che siano ben raggiungibili e sempre riposti ordinatamente al loro posto (e che sia sempre lo stesso anche!).
Diciamocelo, seguendo la legge del buon vecchio Pareto, il 20% degli attrezzi servono a fare l’80% dei lavori: a che serve avere l’intero carrello della Beta ribaltato sul carretto? Me lo spighi?
3.
La zona di carico deve essere ben raggiungibile, non a venti chilometri… e neanche a venti metri se è per quello…
4.
Le passeggiate ce le andiamo a fare anche insieme, ma non durante l’orario di lavoro e per lo più in un posto più gradevole di un’officina. Che ne dici?
5.
Volendo fare un esempio: un carrello alla giusta altezza tra l’operatore e il bancale e una scatola tra l’operatore e il bancale di scarico. Ma ogni caso è assestante.
Alcune di queste cose sono ovvie, lo so, ma allora perché non le applichi nella tua officina?
Resta sempre il fatto che è necessario imparare a mettere sé stessi in discussione. Non serve a nulla essere in grado di correre veloce come Usain Bolt se alla fine ottieni gli stessi risultati di tuo nonno ottantenne quando si organizza come si deve!